Richiesta di solidarietà. (Insegnamento Lingua Italiana)
cari amici, cari colleghi,
mi chiamo Mario, sono un giovane professore di Lingua Italiana, sono nato e ho studiato a Napoli, ho 26 anni.
Vi scrivo questa lettera aperta nella speranza che qualcuno di voi possa darmi un consiglio.
Questa che segue è la mia storia.
Nel gennaio del 2007 sono entrato in contatto con l'allora Direttrice Accademica del comitato SDA di La Paz in Bolivia, al fine di stabilire un rapporto lavorativo relativamente all'insegnamento della lingua.
I nostri rapporti sin dall'inizio sono stati ottimi, e in termini lavorativi l'accordo era così fissato:
"La Societá Dante Alighieri, che sicuramente conosci per lo meno di nome, ha origini italiane e il nostro è un piccolo comitato con sede a La Paz che forma ogni anno circa 150 studenti.
generalmente cerchiamo di essere accompagnati sempre da almeno 5 professori che coprono individualmente circa 8 ore giornaliere di lezioni (i cui orari si stabiliscono sempre prima dell'inizio delle lezioni) che vanno dalle 9 del mattino fino alle 9 di sera. i guadagni fanno quasi ridere un europeo rampante visto che ogni ora è pagata 25 boliviani (1 euro=10 boliviani) se regolare, 30 boliviani se in giorni come sabato. si fa lezione dal lunedi al giovedi con alcune lezioni il venerdi per la conversazione (divise tra i vari prof) e il sabato dalle 9 alle 12:20. oltre al lavoro docente, si effettuano traduzioni dall'italiano allo spagnolo o viceversa, di documenti e ogni professore può decidere di avere i suoi studenti privati (circa 5 $ l'ora).
insomma se alla fine pensi che un boliviano medio guadagna 400 boliviani al mese ti rendi anche conto che la vita qui è economica fino allo scandalo.
la SDA ti fará un contratto di prestazione professionale valido un anno e generalmente questo è l'unico impegno che chiediamo ai ns collaboratori. Una scula di lingua italiana funziona molto meglio quando i professori sono veramente italiani appena arrivati dall'italia e totalmente motivati ad una esperienza culturale e professionale anche se poco retribuita non per mancanza di volontá ma per la povertá cronica che affetta questo paese".
Cito letteralmente da una delle varie e-mail che ci scambiammo tra gennaio e aprile, ed in base alle quali mi preparai a raggiungere la Bolivia.
Il 5 maggio 2007 ero a La Paz, e già dal lunedì successivo, il giorno 7 maggio presi servizio a scuola.
I miei problemi (scrivo al singolare, ma il mio attuale disagio lo vivono altri 4 professori coinvolti nell'analoga vicenda) e dunque dicevo i miei problemi cominciarono quando il Presidente della SDA, dott. Calisti, mi propose un contratto di collaborazione "occasionale" con il quale non ebbi diritto all'estensione di un regolare visto di soggiorno, e tantomeno al permesso di lavoro in Bolivia.
In questo paese un cittadino italiano ha diritto ad un massimo di 180 giorni di permenanza a scopo di turismo all'interno dell'anno solare, totale che si può raggiungere entrando ed uscendo dal paese per un massimo di 4 volte, e richiedendo di volta in volta una proroga di 30 giorni.
Così mi sono addossato in questi 6 mesi di lavoro per la SDA l'onere pratico ed economico di questi continui viaggi oltre la frontira più vicina.
Ma la cosa peggiore di questi passaggi è stato di volta in volta il rapporto con la polizia di frontiera, e con i funzionari dell'ufficio di immigrazione, ai quali ho sempre dovuto mentire sui motivi della mia permanenza in Bolivia, giustificandomi con scopi di interesse culturale o addirittura con ragioni personali, storie d'amore ecc. ecc.
Lo stesso Presidente della SDA mi ha più volte rassicurato sul valore legale di questi comportamenti, spingendomi anzi a continuare così il più a lungo possibile, nell'attesa che fossero redatti i contratti e che fossero chiare le modalità di rilascio del visto, nel modo ovviamente più conveniente per le casse della scuola.
Questo periodo purtroppo è durato da maggio a settembre. Le mie proteste per i disagi subiti sono salite di tono sempre più, fino a raggiungere l'apice il giorno 1 ottobre 2007.
Quel lunedì si concentrò ed esplose il malcontento relativo alla mancanza di un contratto (seppur contemplato e promesso nell'offerta di lavoro a cui avevo risposto)la mancanza del visto di soggiorno, ed infine il costante ridardo nel pagamento degli stipendi.
Dichiarai così sospese le lezioni fino alla risoluzione dei suddetti problemi. Allo "sciopero" indetto da me si associarono altri due colleghi, Sarracino e Napolitano.
La scuola fece fronte alla nostra auto-sospensione assumendo alcuni supplenti (di cui almeno uno di dubbia preparazione) e licenziandoci per sospensione di servizio.
Contrariamente a quanto ci aspettavamo, la via scelta non fu quella della conciliazione ma piuttosto dell'esasperazione degli animi.
Durante una riunione con il Responsabile della scuola, presente anche la nuova Direttrice (in carica proprio dal 1 ottobre) ci fu comunicato il possibile reintegro dei primi due professori coinvolti ma fu formalizzato il mio licenziamento.
A quel punto chiesi informalmente l'appoggio dell'Ambasciata d'Italia in Bolivia, che attraverso la convocazione delle parti in causa ottenne il mio immediato reinserimento nel corpo docente e la promessa di un contratto con relativa estensione del visto.
Questo accadeva il giorno 11 ottobre 2007.
Proprio stamattina, 19 ottobre, la Direttrice mi ha sottoposto una copia del contratto redatto.
I termini mi hanno lasciato di sasso: il contratto non parte dalla data del 7 maggio, data in cui ho puntualmente preso servizio, ma dal 22 ottobre, e si conclude il 14 dicembre 2007.
Il contratto copre esattamente il 7º ciclo di corsi, ed al di là di alcune clausole improbabili dal punto di vista economico, di fatto limita la mia permanenza nel paese a queste date.
Visto che le lezioni rimarranno sospese per le vacanze estive, da dicembre a gennaio incluso, per quel periodo nulla è offerto a garanzia del mio soggiorno in Bolivia.
Insomma avendo io già usufruito del periodo massimo di permanenza offerto ad un cittadino italiano, per questi due mesi dovrei abbandonare, e definitivamente, il paese.
Francamente non credo sia questo l'atteggiamento corretto che tutti, professori ed Ambasciata d'Italia, stavano aspettando.
Mi trovo di fatto con le spalle al muro: avendo effettuato un notevole investimento economico per raggiungere la Bolivia, avendo preso in affitto un appartamento per la durata contrattuale di un anno, avendo gia lavorato 6 mesi al nero e senza alcuna garanzia, avendo nonostante ciò concluso a termini di legge la mia permanenza in questo paese, adesso mi ritrovo con l'unica possibilità di accettare queste condizioni e successivamente, dal 14 dicembre in poi, di abbandonare, e stavolta definitivamente, la Bolivia.
Sinceramente sono avvilito e mortificato.
A questo bisogna aggiungere l'ostruzionismo che mi ha manifestato il Responsabile della scuola, ridistribuendo in maniera confusionale, arbitraria ed ingiusta, i miei corsi ed i miei orari; sottraendomi le chiavi della scuola, anche a costo di impegnare la Direttrice Accademica nelle ore del sabato, e dopo le 21:30 dal lunedì al venerdì, a presentarsi a scuola per chiudere le porte alle mie spalle, al termine dell'orario di lavoro.
Dopo questo sfogo, chiedo a chiunque abbia la possibilità, di intervenire.
Di manifestare solidarietà, anche contattando la scuola; anche informando e coinvolgendo ove possibile, quanti ufficialmente e legalmente rappresentano l'istituzione SDA di cui tutti facciamo parte.
Se io ho affrontato questa esperienza lavorativa così lontano dall'Italia, l'ho fatto ad occhi chiusi, sulla fiducia che lo stesso nome "Società Dante Alighieri" rappresenta nel nostro immaginario di operatori culturali.
Grazie a tutti per l'attenzione.
in fede
Mario Barone Lumaga