Lettura postclassica della Divina Commedia (Altro)

Inviato da Rafel Mei 33 @, Roma, giovedì, dicembre 26, 2024, 11:47 (17 ore, 34 minuti fa) @ Rafel Mei 33

e ancora..

Inferno canto XXXI verso 67

Rafel mai amech zabi et almi

Qui il Poeta non intende mascherare alcun significato, anzi esclude che ve ne sia uno, come dimostra la risposta di Virgilio, così diversa dal caso del pape satan (3). Ma nell’espressione animalesca di Nembroth, il maggiore colpevole fra coloro che hanno perso il linguaggio comune lungo la torre di Babele, si rintraccia qualche suono ebraico, così in questa frase disarticolata prende senso il contrappasso.

Inferno canto XXXIII verso 75

Poscia, più che il dolor poté il digiuno.

Alcuni sostengono che Ugolino abbia mangiato dai corpi dei giovani appena morti, altri lo negano.
Strana situazione: i sostenitori della tesi antropofaga sono introvabili direttamente ma sono ripetutamente citati, non nominati, da coloro che si affannano a contraddirli.
Per esempio Benvenuto e Buti a dimostrazione della tesi negazionista narrano che al momento della sepoltura i figli e i nipoti di Ugolino avevano su ancora ceppi e catene, Borges, fra coloro che amano attribuire a Dante tutte le ambiguità possibili, si schiera per il dubbio.
Ma questa diatriba ha un che di offensivo nei confronti del Poeta.
Il verso pone una chiusura lapidaria a un crescendo tragico e disperato, parentesi sospensiva della punizione di Ruggieri, che infatti riprende subito con veemenza.
Se fosse suggerito uno strascico cannibalesco, tale da far immaginare possibili atti come addentare l'addome del morto per mangiarne fegato e grasso, si distruggerebbe in modo grottesco la solennità perentoria dell'assolo di Ugolino. Eliminare l'illazione antropofaga è una inesorabile esigenza estetica.

Paradiso canto II ,versi 23 – 24

E forse in tanto, in quanto, un quadrel posa
E vola e dalla noce si dischiava

Dante propone un’immagine esplosiva per misurare la velocità ultraumana del suo tragitto dalla vetta del Purgatorio al corpo lunare, riferendo di aver impiegato lo stesso infinitesimo tempo in cui la coda di una freccia passa dal grilletto alla testa della balestra (lo scatto della molla) e questo è descritto con un hysteron proteron, come se la freccia prima uscisse (vola) poi venisse scoccata (dalla noce si dischiava). Sbagliata l’interpretazione del percorso fino al bersaglio.

Paradiso canto XXIV Versi da 52

Premesso il necessario rituale accademico, si celebra l’esame sul possesso delle virtù teologali, in particolare la fede. Allora, col piglio e la convinzione che l’ironia richiede, Dante recita per intero il credo partorito al Concilio di Nicea.

Paradiso canto XXVIII verso 93

Più che il doppiar degli scacchi s’immilla

Raddoppiare e moltiplicare per mille sarebbero due cose diverse, ma non del tutto: ad ogni aumento di dieci dell’esponente di due, cioè lo scorrimento di dieci caselle, corrisponde un fattore mille e oltre, (1024 per l'esattezza) sul valore della potenza:

210=1.024
220= 1.024x1.024
230 = 1.024x1.024x1.024
Ecc.

E’ forse una considerazione un po’ forzata, ma nel contesto astronomico relativistico ante litteram in cui si svolge l’azione, la nota è almeno plausibile. (4)


Paradiso canto XXXI verso 12

Sarebbe fronda che tuono scoscende

Inutile discettare sul tuono e sul lampo. Questa è una metonimia con tuono in valore di fulmine.

Paradiso canto XXXI versi 91 – 93
...

ed ella, sì lontana
Come parea, sorrise e riguardommi:
Poi si tornò all'eterna fontana.

i versi velano un arcano che ti cattura in un pathos profondo, fuori dal tempo. Nel silenzio, un breve sguardo è il richiamo ultraterreno che la poesia regala talvolta a ciascuno di noi.

(4) La terra è al centro dell’universo, ma diventa la piccola e distante aiuola che ci fa tanto feroci (Par XXII 151), se vista dall’ottavo cielo, ed è ancor meno centrale rispetto a un punto che raggiava lume: (Par XXVIII 16), punto che risulta fisso rispetto a tutti gli altri corpi che compiono rotazioni composte con rivoluzioni.

Una visione contemporaneamente copernicana e tolemaica è appunto una concezione relativistica.

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Rafel Mei


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